Occupa il lato nord del sagrato e fu terminato nel 1746, come scritto nel timpano della parete rivolta a sud. È un edificio ad aula quadrata, resa ottagonale dagli spigoli smussati, dove è riproposto il motivo della doppia lesena, simile a quello sulle facciate del pronao e della chiesa. Una finestra e una porta finestra, con sommità ad arco rivestite con bei profili in pietra lavorata, sono chiuse da cancellate in ferro battuto e sovrastate da aperture polilobate.

L’Ossario di San Martino

La parete a est presentava fino a pochi decenni fa un affresco con Tobia e il figlio Tobiolo che trasportano il corpo di un ebreo, ucciso e lasciato insepolto sotto le mura di Ninive, per seppellirlo; la finestra era affiancata da due scheletri. Sulla facciata sud si vedono ancora, sopra l’arco dell’apertura, i resti dell’affresco di una danza macabra, con due scheletri, un papa e un cardinale, a rappresentare il destino comune a tutte le categorie sociali. È il motivo del memento mori. All’interno sulla parete di sinistra un affresco, di buona fattura ma quasi scomparso, del pittore ortese Luca Rossetti Valentini (1705-1770) rappresenta il profeta Ezechiele in un campo di scheletri che si ricompongono in corpi umani. È la Visione di Ezechiele, che allude al destino eterno del corpo umano. Sulla parete sopra l’altare Rossetti Valentini ha dipinto le anime del purgatorio con angeli che le prelevano dalle fiamme. Il crocifisso ligneo di bella fattura adotta l’iconografia dei 4 chiodi (con i piedi di Cristo inchiodati separatamente) in vigore fino al XV secolo. Tutte le opere furono finanziate dalla Confraternita del Ss. Sacramento, con offerte provenienti dagli uomini di Porta Ticinese, da lasciti, oblazioni, affitti di terreni, vendita di legna e carbone, dal ricavato della messa all’incanto di stoffe e abiti e dalla partecipazione ai funerali. Le inferriate risalgono al 1747.

Interno dell’Ossario