Sul luogo dell’attuale chiesa una volta ce n’era una più piccola, romanica e a tre navate, circondata dall’attiguo cimitero. L’edificio antico si estendeva nell’attuale navata destra e nelle sue adiacenze.
Alla fine del XVI secolo il territorio della Degagna di San Martino contava 120 famiglie (= fuochi) per un totale di 350 persone adulte. La chiesa non era più adeguata ad accoglierle tutte, sollecitati dal vescovo Bascapé, i soci della Confraternita del Ss. Sacramento decisero di ampliare la chiesa. Nel 1605 si diede inizio alle demolizioni e si cominciò a ricostruire: il nuovo edificio avrebbe occupato anche una parte dell’area del vecchio cimitero. La data scolpita sopra l’entrata principale testimonia che nel 1615 la costruzione era terminata.
Le parti architettoniche più antiche di tutto il complesso risalgono al XVI-XVII secolo. Il bel pronao fu invece costruito dal 1672 al 1684, è l’elemento architettonico predominante, considerato da alcuni “degno di una cattedrale”.
Anche all’interno l’impressione di chi entra è di imponenza e grandiosità. Sei alte colonne di serizzo di ordine tuscanico, dividono lo spazio in tre navate. Le due laterali terminano ciascuna con un altare, quello del Rosario a sinistra, decorata da notevoli stucchi barocchi (1660-62) e con la statua lignea della Madonna realizzata nel 1773 dallo scultore intrese Giovanni Maria Franzosino; quello di San Carlo a destra, realizzato nel 1617 con cornici lignee e statua del Santo in pieno stile barocco.
La navata sinistra presenta due cappelle laterali; la prima ospita il battistero, con il fonte sormontato da un bellissimo ciborio datato 1577 e la tela di fondo col Battesimo di Cristo del 1629, recentemente restaurata; l’altra è dedicata al Crocifisso, ricordato con una notevole scultura dell’intagliatore barocco aronese Bartolomeo Tiberino. La navata destra ha una sola cappella dedicata a s. Antonio da Padova.
Gli affreschi che ornano le lunette della navata centrale, le volte del presbiterio, dell’abside e delle cappelle del Rosario e del battistero sono opera di Enrico Francioli (1814-1886), pittore milanese trasferitosi a Bureglio.
L’altar maggiore risale al 1800 e fu realizzato in marmo dallo scalpellino Giambattista Buzzi di Viggiù. I busti-reliquiari sopra l’altare rappresentano i santi che hanno diffuso o “rilanciato” il cristianesimo: sant’Ambrogio, san Gaudenzio, san Carlo Borromeo e san Francesco di Sales.
Grandi tele barocche con episodi della vita di San Martino ornano le pareti del presbiterio, di cui “San Martino in estasi” del milanese Carlo Preda (1651-1729) e “San Martino risana un lebbroso” attribuita a Filippo Abbiati.